1.1 - Il Museo dall’antichità all’età moderna

Conoscere il nostro passato, interrogarsi e comprendere l’evoluzione della nostra cultura, scoprire quello che oggi siamo e perché lo siamo: queste alcune delle funzioni delle strutture museali che le Società civili realizzano e mantengono per offrire ai cittadini elementi di riflessione e di meditazione sul passato e arricchimento spirituale che promuove il progresso dei singoli e delle comunità nel loro complesso.

È con questo spirito che nascono i primi musei - luoghi sacri dedicati alle Muse - in cui anticamente venivano custoditi oggetti e manoscritti preziosi, mentre in tempi a noi più vicini il termine custoditi è stato adoperato per indicare raccolte di arte che riuniscono collezioni di oggetti diversi quali sculture, pitture, libri, gioielli, ecc. Si passa così dalle prime raccolte di oggetti preziosi aventi carattere votivo, dei templi e dei santuari (Delfi, Efeso, Olimpia) a quelle romane in cui si fa più preciso e prevalente l’interesse estetico e documentario e il gusto per le collezioni artistiche. È un romano, Marco Agrippa, in quella Roma in cui si raccoglievano opere d’arte spesso provenienti da bottini di guerra, a indicare, per primo, esplicitamente, il valore di una collezione come patrimonio culturale comune e a sostenere l’opportunità di offrire alla pubblica fruizione tutti i quadri e le statue.

Il concetto del valore propagandistico e culturale dei musei venne ripreso dal cristianesimo e, nel medio evo, l’unica forma di museo pubblico fu la chiesa che incrementava le collezioni non solo promuovendo la produzione delle opere d’arte, ma anche con la raccolta delle donazioni che andavano a formare i "tesori".

Durante tale periodo è certo che l’accentramento della ricchezza nelle mani di pochi potenti signori permise il sorgere delle prime collezioni di oggetti d’arte, dalle quali, specialmente col Rinascimento, trarranno origine i musei. È così in Italia, dove le vicende storiche avevano fatto assumere a un gran numero di città la funzione di capitale, si costituirono, nei palazzi ducali o principeschi e in genere nei palazzi delle famiglie più cospicue per censo e per nobiltà, raccolte d’arte del più alto valore, in gran parte tuttora esistenti, seppure divenute in massima parte statali e riorganizzate.

Tra i primi a raccogliere rarità artistiche nel Rinascimento fu Lorenzo il Magnifico, presto seguito dagli Este, dai Gonzaga, dagli Sforza, da cardinali, da ricchi cittadini e da antiquari, specialmente in Toscana, nel Veneto e a Roma.

L’ambiente dove si radunavano e mostravano tali oggetti era detto studio o gabinetto; ma con l’estendersi delle collezioni esse furono conservate nei "guardaroba", donde si toglievano volta a volta per decorare appartamenti. Al tempo di Cosimo I il guardaroba mediceo era ricolmo di pitture e sculture dei più grandi artisti passati e presenti, di oreficerie, di gemme intagliate, di medaglie, di ogni sorta di rarità. Quando Eleonora da Toledo, sua moglie, acquistò Palazzo Pitti per farne la residenza medicea, affinché il granduca potesse liberamente recarsi al palazzo governativo fu edificato per opera del Vasari il lungo corridoio, che traversa l’Arno e passa sopra al palazzo degli Uffizi per mezzo di ampi loggiati, che chiusi con vetrate divennero vere e proprie gallerie.

Ornate di sculture antiche, furono denominate gallerie delle statue. Lungo quella orientale il granduca Francesco fece costruire la tribuna e le sale contigue da B. Buontalenti, che vi distribuì gli oggetti più preziosi del guardaroba, aprendovi intorno al 1581 il primo grande museo del Rinascimento, che si chiamò Galleria degli Uffizi. Il termine "galleria" rimase quindi a indicare una raccolta d’arte, e particolarmente di quadri, ordinata decorativamente.

Frattanto dietro l’esempio mediceo tutti i sovrani italiani avevano voluto la loro galleria. Tra queste ricordiamo la sontuosa galleria della reggia di Mantova voluta da Eleonora dei Medici, moglie di Vincenzo I Gonzaga, ordinata nel 1605 da Pietro Paolo Rubens; la galleria di Ferrara voluta da Lucrezia d’Este; la galleria Farnese formata nel 1662 a Parma ; la Galleria Capitolina e quella Vaticana costituite a Roma dopo la Restaurazione.

Altre collezioni principesche si formarono all’estero, sia nelle grandi corti francese, spagnola, austriaca, inglese, sia in ricche famiglie, specialmente (a cominciare dal sec. XVIII) in Inghilterra.

Le nuove tendenze si accentuarono alla fine di quel secolo riformatore e nel 1753, con la donazione H.Sloane alla nazione inglese, si ebbe il primo nucleo del British Museum. Contemporaneamente la rivoluzione francese nazionalizzò le opere di proprietà della Corona e Napoleone I concepì col Museo Napoleone il sogno di radunare a Parigi, capitale dell’Impero i capolavori del mondo intero. Idea grandiosa, fallita col crollo dell’Impero stesso e col ritorno della maggior parte delle opere in Italia.

L’idea di raccolte pubbliche statali non poteva morire e la prima metà del sec. XIX vide le nazioni più ricche e potenti, vincitrici della guerra contro Napoleone, riuscire ad acquistare pezzi di prim’ordine, sia delle collezioni italiane, sia accaparrandosi molti dei capolavori usciti allora dagli scavi d’Italia e di Grecia. Il British Museum ebbe immenso sviluppo nel 1816 per l’acquisto della collezione di lord Elgin dei capolavori già nell’Acropoli di Atene; poi con le grandi collezioni, specialmente dell’Asia Minore. Il museo del Louvre trasse vantaggio dalle spedizioni francesi in Grecia, Asia Minore, Africa e dall’acquisto, per opera di Napoleone III, della collezione Campana di Roma, ricchissima di oggetti d’arte etrusca, di molti capolavori di ceramica greca e di notevoli monumenti di scultura. Né la passione dei musei si limitò alle opere d’arte greco-romana. Sorse l’interesse per l’arte egizia e in Europa si formarono molti musei specializzati, tra i più importanti dei quali è quello di Torino, notevole quello di Firenze, piccolo ma interessante quello al Vaticano, grandiosi quelli del Cairo, di Parigi, Londra, Berlino, Leida ai quali recentemente si è aggiunto quello di Hildesheim.

Un’altra sezione costituivano contemporaneamente le gallerie d’arte medievale e moderna, dove le collezioni avevano ancor più un’origine privata.

All’estero il primato di anzianità spetta alla Francia poiché molti celebri quadri del Louvre appartenevano già a Francesco I. Dalla vendita della galleria di Carlo I d’Inghilterra derivò la galleria del cardinale Mazzarino, acquistata da Luigi XVI, che la raccolse nel Louvre. L’assemblea nazionale riunì qui e nelle Tuileries tutte le opere d’arte della corona e Napoleone, portandovi gli infiniti tesori d’arte razziati nei paesi conquistati, ne fece la più grandiosa galleria del mondo. E tale, nonostante le conseguenti restituzioni, può dirsi anche ora, grazie ai cospicui legati che l’arricchiscono continuamente. Meravigliosa fu la Galleria d’Orleans, venduta in Inghilterra al tempo della rivoluzione. Vari rami di casa d’Austria possedettero fin dal sec. XVII gallerie importantissime che nel sec XIX si riunirono nelle due mirabili gallerie pubbliche di Vienna e del Prado a Madrid. In Germania la galleria di origine più antica è la pinacoteca di Monaco del 1760, la più moderna quella di Berlino, iniziata nel 1830 e poi costantemente arricchita di tesori inestimabili. In Inghilterra sono la Galleria di Hampton Court che raccoglie quanto rimase della galleria di Carlo I, la National Gallery di Londra fondata nel 1832 e ingrandita da Robert Venturi & Co nel 1987-88, quelle di Edimburgo e di Dublino. La Galleria dell’Ermitage a San Pietroburgo (ex Leningrado) è quella antica imperiale aperta al pubblico dallo zar Nicolò I, oggi notevolmente menomata.

Un caso analogo e di straordinaria importanza fu la formazione nei paesi classici di musei, dove affluivano opere recuperate sul luogo o nell’ambito di una regione o stato.

In Italia sorsero innumerevoli istituti, come nella Roma papale il museo Lateranense, nella Roma italiana il Museo Nazionale Romano (o delle terme di Diocleziano), quello dei Conservatori (cui si è aggiunto nel 1925 il Museo Mussolini) in Campidoglio, il Preistorico - etnografico, quello di Villa Giulia; nelle altre città il Museo archeologico di Firenze, il Museo civico di Bologna, i musei archeologici di Torino, Ancona, Palermo, Siracusa, Cagliari ecc. In Grecia sorse il grande Museo Nazionale di Atene, al quale sono affluiti i più importanti capolavori trovati sul suolo ellenico. Un museo insigne è quello di Istanbul; altri notevolissimi sorsero a Tunisi, Algeri ecc.

Ma con l’aumentare della cultura, mentre i grandiosi organismi del Louvre, del Britsh Museum, dei musei di Berlino e di Vienna, e gli altri più o meno tutti si arricchivano continuamente, altri ancora ne sorgevano in Europa e in America. In Europa ricordiamo specialmente i musei del Cinquantenario di Bruxelles e la Gliptoteca Ny-Carlsberg di Copenaghen.

In America, oltre al Metropolitan Museum di New York , va menzionato il museo di Boston, che, specie per alcune serie, come i vasi dipinti, è divenuto di primissimo ordine. Simile e anche maggiore sviluppo ebbero contemporaneamente le gallerie, alcune delle quali, come quella di Berlino, riuscirono con opera tenace e sistematica a riunire molti capolavori; mentre per lasciti o fortunati acquisti altre se ne formavano in tutti i centri di cultura dell’uno e l’altro continente, tanto che i paesi produttori, e primo di tutto l’Italia, sono stati così singolarmente impoveriti di tante opere, che è doloroso non possano venire ammirate nell’ambiente stesso in cui e per cui furono create. Spesso appaiono, per luce e per collezione, veramente in esilio. L’interesse per ogni manifestazione dello spirito, per ogni oggetto di natura, vicino ai musei di storia naturale spesso grandiosi, creò musei specializzati, come gli etnografici (specialmente Londra, Berlino, Roma), ai quali generalmente è unita la sezione paleontologica, che trae spiegazione appunto dall’etnografia. Né parliamo dei musei prettamente storici, quali quelli che ormai quasi ogni città possiede. Una sezione che unisce l’arte e la scienza è quella dei musi tecnici, come i musei navali (in Italia a La Spezia, a Venezia e a Milano), o i militari, come le armerie (cospicua e tra le prime del mondo l’Armeria reale di Torino; tra le straniere superba quella di Madrid), o i musei dell’esercito (quello del genio a Roma, quello dell’artiglieria a Torino, e all’estero quello degl’Invalidi a Parigi, quelli di Berlino e di Bruxelles, ecc.).

Così pure tra l’arte e l’industria sono gli innumerevoli musei artistico - industriali, in uso specialmente all’estero (in Italia ricordiamo quello del Castello di Milano; il Civico di Torino, ecc.), alcuni dei quali, con i prodotti squisiti dell’arte decorativa, o sono sezioni di grandi musei, come, per esempio, del Louvre o quello del Bargello a Firenze, o formano veri e propri musei d’arte, quali il Poldi Pezzoli di Milano, alcuni del Cinquantenario di Bruxelles, quello nazionale svizzero a Zurigo, quello artistico - industriale di Vienna, il Filangieri di Napoli, quello di Amburgo, ecc.


1.2 - L’evoluzione museografica nella seconda metà del ’900

L’evoluzione verso una sempre più allargata partecipazione agli eventi culturali ha sensibilmente modificato anche il concetto e la funzione del museo. Aperto ormai a un pubblico vasto e indiscriminato, il museo si è radicalmente allontanato dal suo antico aspetto di contenitore di beni del passato e "riserva" dello studioso per acquistare soprattutto quello di palestra educativa, strumento didattico, tramite e stimolo di messaggi e d’impulsi culturali. Questo suo rapporto dialettico col visitatore ne ha gradualmente trasformato le forme; il fenomeno già evidente nei musei creati nel dopoguerra e in alcuni isolati e illustri precedenti di pionierismo museografico, ha ricevuto in questi ultimi anni una nuova spinta da molteplici fattori di ordine diverso, ma tutti in qualche modo collegati e ugualmente convergenti verso questa concezione socio - educativa. Fra quelli di natura teorica è preminente l’interesse per l’antropologia culturale e la volontà d’innestare su questa disciplina, con una rinnovata concezione della storia anche quegli aspetti della cultura già oggetto e prerogativa della critica idealistica. Da qui discende in parte la recente curiosità per i musei scientifici, avvezzi a un certo tipo di dialettica espositiva per le esigenze stesse della materia, l’abolizione di rigide frontiere fra argomenti sostanzialmente complementari, l’importanza per le testimonianze della cultura materiale accanto a quelle puramente artistiche e l’esigenza, quindi, di cogliere l’espressione della creatività e dell’operosità umana nella sua globalità. Tutto questo viene peraltro reso possibile dall’affinamento delle tecniche di conservazione e di restauro che permette l’esposizione anche di materiali poveri, fragili, degradati o facilmente degradabili. L’autonomia e la libertà conquistata in questi ultimi decenni da numerosi paesi del cosiddetto Terzo Mondo ha, poi, sollecitato da parte dei nuovi governi l’istituzione di musei di arte e di etnografia, ove conservare le testimonianze indigene che la rapida evoluzione e le diverse condizioni di vita avrebbero altrimenti fatto scomparire.

Le caratteristiche del museo "attuale", nei suoi molteplici aspetti - politico, topografico, sociologico, psicologico, tecnologico, estetico, ecc. - sono minuziosamente esaminate nei successivi capitoli intitolati "Museo: Organizzazione, Architettura e Tipologia" e rispettivamente "Funzioni e finalità del museo contemporaneo". Il museo viene qui considerato come immagine speculare della società e si esaminano tutte le forme di approccio che esso può offrire; e cioè i vari, possibili schemi di presentazione, le sollecitazioni fisiologiche fornite dall’illuminazione naturale e artificiale, dal colore, dalle zone di pausa e di riposo, i mezzi audiovisivi, i settori speciali, le esposizioni temporanee, i parametri tecnici quali la climatologia e la conservazione, i magazzini, le vetrine, i locali destinati ad attività collaterali e infine l’aspetto architettonico, e, cioè, il rapporto che s’instaura con l’ambiente urbano circostante e con gli oggetti interni e che può configurarsi sia sotto forma di contrasto che di adattamento. È, in sostanza, intorno a questi due poli che, con tutte le sfumature derivanti da peculiarità di stile e di gusto e con un sempre più prevalente interesse per i problemi della sicurezza e della conservazione, si raggruppano i musei sorti in questi ultimi anni.

Al 1960 risale l’inaugurazione del museo di Nuova Dehli, creato fin dal 1949, come libera interpretazione dello stile mogol dall’architetto Deolalikar, fornito di un auditorium e di una biblioteca; nello stesso anno si ha la sistemazione del museo degli impressionisti al Jau de Paume a Parigi per opera del conservatore G.Bazin, mentre ad anni più recenti risale la nuova sistemazione del Louvre, ove, con sapiente dosaggio, le esigenze della moderna museografia sono conciliate con quelle di un ambiente così vincolante. Più recenti il riordinamento del British Museum di Londra,(1970) la ricostruzione del museo di Mariémont in Belgio distrutto da un incendio nel 1960 (architetto R. Bastin, 1970), la nuova ala dei musei Vaticani (architetti Passarelli e altri, 1971), il museo nazionale delle Arti e tradizioni popolari di Parigi (architetti Dubuisson e Jausserand, 1972), il museo gallo-romanico di Lione, di forme moderne, ma integrato nel contesto archeologico (architetto B. Zehrfuss, 1975).

Se l’istituzione di questi musei ha permesso di elaborare nuove e spesso geniali soluzioni nel senso di una maggiore chiarezza espositiva e di una più efficace aderenza delle strutture architettoniche ai materiali da esporre, in questi ultimissimi anni si sta verificando una graduale e giustificabile inversione di tendenze: mentre, infatti, precedentemente ci si era indirizzati piuttosto alla creazione di nuovi musei, vari e autorevoli studiosi auspicano ora il recupero e l’utilizzazione come musei di vecchi edifici storici e monumentali; e ciò al fine di sottrarli all’incuria, al degrado e alla speculazione edilizia e, nello stesso tempo, per offrirli al pubblico godimento. In questo modo il museo rimane altresì legato al centro storico, ove difficilmente, oggi, potrebbe trovare luogo un nuovo istituto museale. Tale esigenza non nasce da un antistorico concetto di collocare il museo in un più vasto contesto urbano inteso esso stesso quale museo, bensì dalla volontà di renderlo più disponibile al servizio pubblico, che gli compete come scopo precipuo, e crearne il fulcro delle attività culturali cittadine.


1.3 - L’esperienza museale nell’ultimo ventennio

Negli ultimi vent’anni il museo ha mutato la suo fisionomia generale sulla scorta del dibattito che ha portato a una profonda revisione del concetto di bene culturale e di patrimonio artistico, a seguito del diffuso uso sociale e didattico di tale patrimonio e dello sviluppo della nozione di redditività del prodotto culturale in termini anche di strategie economiche. Al tradizionale ruolo di luogo della conservazione delle testimonianze storiche legate a un limitato ambito territoriale o frutto di prevalenti interessi collezionistici, si sono aggiunte nuove funzioni connesse alla realizzazione di iniziative culturali, alle attività didattiche per la popolazione scolare e adulta, a tutto quanto contribuisce a trasformare il museo da oggetto a soggetto attivo di processi culturali e progetti d’intervento. Se talora il museo conserva quella caratteristica "civica" che lo ha contraddistinto nell’Ottocento, il suo significato è profondamente mutato; da contenitore di capolavori o di patrie memorie, il museo diviene luogo centrale nell’organizzazione della città, un sistema che aggrega luoghi diversi e vocazioni integrate intorno a una sola istituzione. Il museo si pone così in relazione e valorizza altre realtà, anche private o semiprivate, patrimoni di enti diversi, luoghi delle professioni artigiane e del loro tramando e tende a trasformarsi, nel dibattito teorico, da struttura amministrativa con caratteristiche di verticalità e staticità in soggetto che meglio dovrebbe rispondere alle esigenze di versatilità e mobilità richieste dai nuovi modelli economici, che ne invocano un reale concreto ingresso nell’area della produttività.

La realtà italiana rispecchia una peculiare vocazione, molto diversa per carattere e funzioni da quelle straniere. Per esempio, negli Stati Uniti da molto tempo e assai più che altrove, il museo rappresenta un grande contenitore destinato a oggetti di provenienza prevalentemente collezionistica e spesso privi del loro originario contesto culturale e storico, che sulla base di intensi programmi di divulgazione artistica si propone anche come momento di aggregazione sociale, d’incontro. Fra i nuovi modelli museali che si affermano oltreoceano occorre ricordare la Smithsonian Istitution che, sostenuta con fondi pubblici, offre ai musei consociati servizi ed efficienti magazzini dai quali vengono prelevate le opere a seconda delle necessità (esposizioni, studio, ecc.). Il Musée de la Civilisation a Québec, invece, unisce le caratteristiche del museo e del teatro, organizza esposizioni-spettacolo e si propone come modello del cosiddetto museo-evento. L’adeguamento delle istituzioni ai modelli e alle dinamiche della società contemporanea fa sì che, in molti casi, il museo costituisca un’ottima occasione di sperimentazione e innovazione, non solo nel campo della museografia, ma anche della prassi architettonica e dell’allestimento. Si pensi, per esempio, all’East Bulding della National Gallery of Art di Washington di I. M. Pei, all’ampliamento del Guggenheim Museum di New York dello studio Gwathmey, Siegel and Ass., alla sezione Temporary Contemporary del Museum of Contemporary Art di Los Angeles, (1993) su progetto di R. Meier.

Analoghi fenomeni si colgono in alcuni paesi europei che negli ultimi vent’anni hanno rinnovato e arricchito le istituzioni museali.

In Germania, per esempio, a partire dagli anni Settanta si è assistito alla realizzazione di una serie di costruzioni museali nei centri delle città. Si tratta di una radicale politica di ristrutturazione, che provoca anche profondi mutamenti urbanistici. Le funzioni e le forme del museo infatti, poste in relazione con ambienti anche molto diversi, si arricchiscono e al contempo esplorano nuovi territori della pianificazione urbana.

All’interno di questa tendenza s’inseriscono, tra gli altri, la nuova Staatsgalerie di Stoccarda, progettata da J. Stirling e M. Wilford fra il 1977 e il 1984, che ha ottenuto un vasto successo di pubblico portando il museo dall’ultimo al primo posto delle presenze nella graduatoria stilata dall’amministrazione federale tedesca; e i muovi musei di Francoforte, dove, nel decennio 1980-90, si è intrapreso un estensivo programma di riconversione turistico - culturale con la creazione della cosiddetta "riva dei Musei", che ha visto impegnati famosi progettisti come R. Meier e H. Hollein. I musei delle Arti applicate, della Posta, di Storia, di Arte antica e di Arte moderna integrano, sul piano culturale, l’importante ruolo di Francoforte in campo produttivo e commerciale. Il museo cerca così di rispondere con sempre maggiore aderenza ai bisogni della società contemporanea. In quest’ottica si possono interpretare anche i sempre più frequenti recuperi di aree industriali dismesse e obsolete per istituirvi musei, quali le Dechtorhallen di Amburgo, trasformate da mercati generali in Kunsthalle; la Tate Gallery di Liverpool, realizzata da Stirling, che occupa l’angolo nord - ovest dell’Albert Dock, un magazzino di sette piani del 19° secolo; il nuovo museo di arte contemporanea di Istanbul che ha recuperato come sede una fabbrica sul Corno d’Oro, la cui ristrutturazione è stata affidata a G. Aulenti (1992).
In questa categoria si inserisce perfettamente la proposta di questa tesi, la quale come già evidenziato in premessa prevede di trasformare l’area industriale di Bicocca, a Catania, in un sistema "multi culturale" comprendente quattro grandi contenitori da destinare rispettivamente a Centro Congressi, Teatro - Sala Concerti, Biblioteca Pubblica e infine a una Galleria d’Arte Moderna regionale.
Ritornando al panorama della politica museale internazionale, quella spagnola offre una vasta gamma di soluzioni, dalla scelta del settecentesco Ospedale Generale come sede del Centro de arte Reina Sofia a Madrid, al nuovo museo di arte contemporanea di Barcellona, progettato (1988-92) da R. Meier. E, tra gli ampliamenti di prestigiose sedi museali, si deve ancora ricordare a Londra la nuova Sainsbury Wing della National Gallery che, progettata da R. Venturi, è stata inaugurata nel 1991.

Da segnalare ancora due casi francesi, che s’innestano nella tradizionale politica, tesa a concentrare nella capitale istituzioni culturali di grandi dimensioni. La prima è la creazione del Centro G. Pompidou (realizzato su progetto di R. Piano e R. Rogers e aperto al pubblico nel 1977) che, oltre al ricchissimo Musée national d’art moderne, ospita il Centre de création industrielle, l’Istitut de Recherche et de Coordination Acoustique/Masique (IRCAM) e numerosi servizi, primo fra tutti un’efficiente biblioteca. Vi si concretizza una concezione del museo come luogo di un processo dinamico e di una continua comunicazione, in cui l’approccio del fruitore non si chiude in compartimenti stagni, ma anzi si focalizza sulle relazioni interdisciplinari.

Nell’ultimo decennio, poi, dopo la sistemazione del museo d’Orsay, si è posto mano all’ampliamento e al riordino globale del Louvre. Il progetto, di grande complessità, avviato nel 1981, si protrarrà fino alla fine del 1996. Nel 1989 è Stato aperto al pubblico il nuovo ingresso interrato coperto da una grande piramide in vetro incolore (opera dell’architetto I. M. Pei), che occupa il sovrastante cortile. Il progetto di ristrutturazione, che prendeva le mosse dall’opportunità d’incamerare, per fini espositivi, l’ala del palazzo occupata dal ministero delle Finanze si propone un ampliamento e un miglioramento dei percorsi, una più vasta articolazione di servizi culturali e di attività, nonché l’inserimento del museo nella città, adattandone l’organizzazione e il funzionamento alla posizione di privilegio occupata nell’agglomerato urbano.

Anche in Italia il rapporto tra musei e città, non solo nei grandi nuclei urbani, ma anche nei piccoli centri, è il tema nodale del dibattito teorico. La volontà di riconoscere e preservare l’intensa stratificazione del patrimonio e le complesse interrelazioni tra il contesto territoriale e l’istituzione museale, e di conferire a quest’ultima un ruolo fondamentale nella vita e nella pianificazione urbana, ha indotto a elaborare strumenti metodologici autonomi capaci di rappresentare la trama ricca e articolata delle specificità dei luoghi, delle antiche e numerose sedimentazioni, delle vicende storiche, religiose e politiche, delle tradizioni così peculiarmente caratterizzate nelle diverse aree del paese. In questo quadro si elaborano soluzioni autonome anche in relazione al tema delle sedi museali.

A differenza di quanto avviene - come già si è detto - negli Stati Uniti e in molti paesi europei, ove per i musei si costruiscono nuovi edifici specialmente progettati per tale destinazione, in Italia si privilegia generalmente il recupero e il restauro di edifici storici con caratteristiche monumentali, sorti originariamente per uso diverso, ma per i quali l’utilizzo culturale e museografico rappresenta l’unica via possibile per una congrua salvaguardia.

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ing. Massimiliano Stazzone
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