QUANDO L’ARTE CULINARIA DIVENTA STORIA,
CULTURA, SPETTACOLO…
Il vento scirocco infuriava impetuoso sulle
case di quel paese arroccato a 1120 metri di
altezza e ancor più sul palatenda allestito
sulla piazza “nuova”, prospiciente l’Etna.
Ma
quando stava quasi per placarsi, ecco che una
pioggia battente prendeva il suo posto. Sembrava
quasi che le condizioni atmosferiche volessero
ostacolare l’incontro tra il dolce e il salato,
tra due culture, due mondi diversi: la parte
orientale e quella occidentale della nostra
isola.
Ma forse la forza delle origini comuni
ha permesso che quanto era stato organizzato nei
giorni precedenti potesse aver luogo.
Sul
palco erano stati sistemati due tavoli, su di
uno sarebbe stata preparata la “Cassata
siciliana”, sull’altra la “Vastedda ‘nfighiulata
cu sammucu”. E chi avrebbe mai pensato che la
preparazione di un piatto: un dolce, una
focaccia, potesse diventare un momento denso di
cultura, in cui le diverse arti (la cucina, la
danza, la musica) si incontrano, come le diverse
energie si intrecciano per dar vita a qualcosa
di molto creativo? La sera di giovedì grasso, a
mio modesto parere, è successo proprio questo
nella piazza di Troina.
A chi non crede che
cucinare sia un’arte risulterà difficile pensare
che preparare un piatto possa avere una valenza
culturale e diventare spettacolo nello
spettacolo.
Da una parte il maestro Peppe
Giuffrè e una sua collaboratrice con i
grembiuloni neri, lunghi fino ai piedi, davano
un senso quasi sacrale a quanto stava avvenendo:
la preparazione della Cassata, che lo stesso
Giuffrè definisce il riassunto della cultura
gastronomica della nostra isola. Le diverse fasi
della preparazione di questo dolce, descritte
passo dopo passo, sintetizzano, infatti, le
influenze delle diverse dominazioni: araba,
spagnola, normanna.
Dall’altra parte i
maestri locali, attorno al tavolo adiacente, su
cui erano stati disposti ed adagiati con cura
gli ingredienti della “Vastedda” negli antichi
utensili, sembravano accingersi ad
un’«alchimia», di cui già si preannunciavano gli
odori e i sapori.
I vari passaggi sono stati
sottolineati dalle danze e dall’espressività di
una ballerina del canto popolare, oltre che
dalle musiche di un sassofonista jazz e di un
percussionista che ben si sono integrati con la
“band di liscio” locale.
Era come uno
spettacolo nello spettacolo: i colori, i suoni,
la parola, la gestualità, tutto sembrava
garantire il divertimento e concorrere alla
realizzazione di qualcosa che sarebbe stato
gustato con tutti i cinque sensi.
Bastava
guardare i volti non solo dei più piccoli che,
seppur con iniziale titubanza, si avvicinavano
al palco e sembrava volessero quasi fare a gara
per assaggiare quelle leccornie: un pezzetto di
pan di spagna, una ciliegia candita o le gocce
di cioccolata che sembravano arrivare come una
dolce pioggia tra le mani festanti di quei
bambini. Inoltre, il dialogo con il pubblico,
reso possibile anche dall’aspetto interattivo
dell’evento, ha tenuto alto l’interesse di
tutti, favorendone la partecipazione.
Il
momento clou si è raggiunta quando la “Vastedda
‘nfighiulata cu sammucu” e la “Cassata” sono
state presentate direttamente alla platea per
essere consumate, dando finalmente la
possibilità a tutti i presenti di appagare oltre
che la vista anche il palato.
Massimiliano e
Paola Stazzone